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LA STORIA DEL PICCOLO GIOACCHINO

Sin dalla notte dei tempi si narra, di quanto sia meraviglioso alzare gli occhi al cielo e con il naso all'insù, perdersi ad ammirare le stelle che brillano nel firmamento.  Molte stelle, nel corso della loro vita, hanno illuminato il cammino dei viaggiatori, altre ad aver fatto sognare tanti cuori solitari. Questa e la storia della stellina  più piccina , la più piccina fra tutte che se la chiami Ad alta voce poco prima di addormentarti, scende dal cielo fino al tuo letto, per posarsi vicino al tuo cuore, stringendolo forte al suo, cullandolo in una dolce ninna nanna. E proprio di lei, di questa piccola stellina che scalda i cuori, voglio narrarvi la sua storia.

Era la sera della vigilia di Natale.  Le viuzze di un piccolo paesino di montagna erano addobbate a festa, così come le case, anche le tavole dei più poveri quella notte erano riccamente imbandite.      Mille luci colorate si riflettevano oltre le finestre, nell'aria si udiva il suono felice delle risate dei bambini,i canti Natalizi, e si respirava un profumo di magica pace.  Tutto era pronto per accogliere la nascita del bambin Gesù.
Un bambino di nome Gioacchino, se ne stava seduto in terra, aveva due grandi occhi azzurri ed un viso malinconico, scrutava incuriosito i passi frettolosi di chi si dirigeva verso l'uscio di casa.  Agitando nella la sua manina un barattolo per l’elemosina.  Un passante e poi un’ altro, e poi un'altro ancora. Ma nulla... Attendeva con ansia aspettava un cenno da qualcuno una mano tesa,una carezza, un soldino nel barattolo, un invito a passare la notte in compagnia di altri bambini, una briciola di panettone. Il panettone eh già! La gente del paese  lo aveva  battezzato simpaticamente  Gioacchino il mangia briciole poiché,  ogni qualvolta gli veniva donato un tozzo di pane, un pezzo di biscotto, o quant'altro, lui con le sue piccole manine riduceva il tutto in briciole per  poi mangiarselo voracemente.
Era goffo nell'andamento, e buffo nelle espressioni, ancor di più quando voleva attirare a se l'attenzione, tutti i passanti ridevano schernendo  il suo modo buffo di mangiare, ma a lui non importava, anzi ne era felice, perché in questo modo comicamente affettuoso, donava sorrisi, e così facendo sentiva di appartenere in un certo senso a quel paesino, di avere come una e unica grande famiglia,  quindi nel suo abbandono non si sentiva poi così tanto solo .
I bambini del posto giocavano con lui, ma all'imbrunire tornavano tutti  nelle proprie case, con la mamma e con il papà,  e il povero Gioacchino rimaneva solo per strada mentre  l'intero paesino dormiva,  così lui piangeva ogni notte alla luna; e alle stelle, le uniche amiche che non lo lasciavano mai, e guardando la loro luce brillare, si addormentava sotto a qualche scala, o sul fienile di qualche cascina sentendosi coccolato, poiché ha lui sembrava che  con la scia del loro manto luminoso lo dondolassero magicamente come in una culla, ed altrettanto magicamente intonavano una ninna nanna celestiale, che solo lui poteva ascoltare, e solo a lui era dedicata, e con essa Gioacchino  sognava di essere protetto e premurosamente accudito da una Mamma e da un Papà, che con le loro carezze, gli donavano l’amore che gli era sempre mancato.
Mentre  lui, di amore da donare, ne aveva davvero tanto.
Gioacchino  era avvolto da un folto manto di pelo di Pecora che gli impediva di sentire freddo, ma quella sera, la sera della vigilia di Natale faceva veramente tanto freddo, anche per lui abituato ad ogni tipo di intemperie.
Se ne stava li tutto rannicchiato sotto al portico di una casa, cercando con lo sguardo la sua luna e le sue stelline.    Voleva dondolarsi nella sua magica culla.

Ma quella notte non c'erano.      Il cielo era coperto di nuvole, un manto scuro avvolgeva il firmamento, Gioacchino iniziò ad avere paura, perche senza la sua scia luminosa era impossibile per lui addormentarsi e sognare, poi  le risate che provenivano dalle case in festa, lo facevano sentire ancora più triste.
Piangeva, piangeva e bussava piano alle porte con le sue congelate manine, ma le porte delle case non si aprivano,    seguiva le luci colorate oltre le finestre, casa dopo casa, porta dopo porta, ma il suo pianto ed il suo lamento non ricevevano nessuna risposta... A mano a mano, con il passare del tempo e della mezzanotte, quelle luci colorate, si affievolivano  sino a spengersi tutte, una ad una .

Era nato Gesù bambino, piccoli e grandi, dopo averne festeggiato la sua venuta, si coricavano nei loro letti, abbandonandosi ad un sonno profondo.
Il paesino cadde in un totale silenzio. Fiocchi di neve soffici come il cotone iniziarono a scendere dal cielo. In breve tempo, un manto bianco avvolse le strade, i viottoli, le montagne circostanti... Gioacchino, stanco ed infreddolito, affondava orma dopo orma i suoi nudi piedini nella neve, cercando in cielo ad ogni passo nella vana ricerca di scorgere, oltre il manto scuro, la scia delle sue amiche stelline.
E senza accorgersene, si spinse nella parte più alta del paesino, quasi fuori dal centro abitato, dove vi erano pochissime case, e per lo più disabitate. Dinanzi alla porta di una di esse, un po' per gli stenti, ed un po' per la debolezza, cadde in terra stremato. Ma riuscì con le sue povere manine doloranti dal gelo ha bussare, questo rumore permise al vecchio signore che li abitava di accorgersi, così che scrutando fuori dalla finestra, vide quel piccolo corpicino che giaceva supino dinanzi alla sua porta.
Immediatamente il signore prese una coperta, uscì  fuori, lo avvolse calorosamente, e lo depose sopra ad un grande tappeto di fronte  al camino acceso all'interno della casa. Preparò una tazza di latte caldo, dei biscotti, li mise in una ciotola, li  diede al piccolo Gioacchino nella speranza che riuscissero ha dargli un poco di calore. Il vecchio signore era il saggio del paese, viveva solo da sempre, ed ognuno, quando poteva, si rivolgeva a lui per dei consigli, dato che con la sua gentilezza nell'aiutare e capire i problemi degli altri, riusciva ad essere d’aiuto, cosi che loro ringraziandolo poi gli portavano dei doni, perlopiù cose da mangiare.
Il vecchio saggio, vegliò con l'amore di un padre il piccolo Gioacchino per tutta la notte.
Di lui, aveva sentito raccontare la storia dalle persone del paese, nessuno aveva la certezza da dove provenisse questo minuto esserino, ma tutti conoscevano la sua caratteristica, ovvero quella di ridurre in briciole ogni cosa prima di mangiarla.
Ed inoltre, alcuni  nottambuli gli avevano riferivano, di averlo visto in più di una occasione piangere, o ridere alla luna, e di come, guardando le stelline brillare nel cielo, avessero avuto l'impressione che parlasse con loro, chiaramente loro pensavano che il bimbo avesse qualche rotella fuori posto.
Ad un tratto, Gioacchino  sembrò riprendersi, spalancò i suoi grandi occhioni fino ad incrociare lo sguardo amorevole di quel vecchio signore che lo aveva vegliato così premurosamente, e che amorevolmente lo aveva accolto nella propria casa. Finalmente era avvolto da quel caldo tepore che tanto aveva cercato, una coperta lo cingeva, un focolare lo scaldava, ed una mano tenera, e piena d'affetto, gli accarezza quella testolina minuta. Bevve un sorso di latte, ridusse in briciole, e a fatica, i pezzi di biscotto che il vecchio saggio gli aveva deposto vicino alla ciotola, e stette lì, immobile, disteso accanto a lui, annusando l'odore di quella casa per imprimerselo bene nella memoria di bambino che in vita sua non ricordava di averne avuta mai una di casa, teneva stretta ma mano del vecchio saggio con le poche forze rimaste, mentre dai suoi occhi scaturiva un sorriso in  segno di gratitudine.
Stava sorgendo l'alba. Il vecchio saggio guardava Gioacchino  disteso dinanzi al fuoco, che pian, piano cercava di alzarsi, quando tutto d'un tratto accadde qualcosa che attirò l'attenzione di entrambi. Le luci colorate dell'albero di natale si spensero una ad una, dal basso in alto, ed anche il focolare si spense.
Dai vetri appannati di una finestra socchiusa, apparve un piccolo puntino di luce, entrò  dirigendosi in cima all'albero di natale, ed iniziò a brillare, sempre più intensamente, emanando una piacevolissima fonte di calore.
Un calore familiare. Che Gioacchino conosceva bene, poi vide il piccolo  venire attirato da quella luce, ed il vecchio saggio intuendo che qualcosa di meraviglioso stava accadendo dinanzi ai suoi occhi, prese il bambino fra le braccia, e lo depose ai piedi dell'albero. L'ultima stellina di quella magica notte di natale, era scesa sulla terra prima del sorgere dell'alba, aveva attraversato le impervie rotte dello spazio, trafitto lo scuro manto di nuvole che ricopriva il firmamento, ed era giunta sino alla casa del vecchio saggio, posandosi in cima  all'albero di Natale, per donare al piccolo Gioacchino il più meraviglioso dei miracoli.
Tese le sue braccia avvolgendo Gioacchino con il suo manto luminoso, ed egli si rannicchiò al suo interno, vicino al suo petto, pervaso da una sensazione di amore immenso, e solo in quell'instante, solo nel magico istante in cui i due si guardarono, Gioacchino riconobbe nel volto dell'amica stellina quello adorato della mamma, la sua mammina, volata in cielo fra gli angeli nell'istante della sua venuta al mondo, e la felicità fu tale nel rivederla, la gioia nel riabbracciarla, che Gioacchino la baciò, e la baciò ancora senza mai smettere, gridando di felicità, chiamandola a sé con le sue esili braccine, accostando quel piccolo musino al suo, fino a cadere in un sonno profondo, un sonno fatto di protezione, amore materno.
Incredulo e stupito il vecchio saggio, vide mamma e figlio volare in alto nel cielo, sempre più in alto, sino a dissolversi al di sopra delle nuvole.
Il sole era già alto nel cielo, il manto scuro della notte era scomparso, lasciando il posto a timidi raggi che illuminavano le immense distese imbiancate dalla neve.

Le luci dell'albero tornarono a riempirsi di colori, ma non erano i colori di prima sembravano tante stelline multicolori, e come per magia anche il focolare riprese il suo crepitare,  a terra erano rimasti la tazzina con i biscotti ed il latte.
Il vecchio saggio, che da sempre viveva solo, e da sempre accoglieva le persone senza mettere mai piede fuori dalla sua casa, si diresse quasi correndo con la forza di un giovanotto al centro del paese, svegliò ogni persona, picchiando con il suo bastone porta dopo porta, abitazione dopo abitazione.
Quel miracolo, il miracolo della notte di Natale, di cui lui stesso era testimone, doveva essere raccontato, il piccolo Gioacchino  che riduceva in briciole ogni cosa prima di mangiarla era diventato una leggenda, e come tale andava tramandata di padre in figlio, perché non si perdesse il ricordo, ed il ricordo di quella notte miracolosa continuasse a vivere nitido nei cuori di ognuno.

Natale passò.  Il piccolo paesino riprese a vivere la sua quotidianità, ed il vecchio saggio, ancora più saggio dopo essere stato testimone di un tale miracolo, passava le sue giornate sempre in casa, accogliendo con la sua gentilezza passanti e visitatori attirati dalla curiosità della vicenda del piccolo Gioacchino, e tutti rimanevano increduli e piacevolmente stupiti nell'udire il racconto di questa favola meravigliosa. Sul far della sera, il vecchio saggio accoglieva i bambini del paese sotto il suo porticato che si affacciava sul grande giardino pieno di fiori, che come per miracolo iniziarono a fiorire senza mai appassire, come se il tempo in quella casa si fosse fermato alla notte di Natale, e lui con tutti i bambini del paese,  seduti in cerchio, ognuno con una tazza di latte e un biscotto, alzando  gli occhi al cielo, con le loro vocine timide e spezzate dall'emozione, ed i loro nasini rivolti all'insù, chiamavano a squarciagola il piccolo Gioacchino, la stellina più graziosa e brillante di tutto il firmamento, e lui, li salutava con le sue braccia fatte a coda di stella cometa,  correva da loro, si posava sulla testolina di ogni bambino, e brillando con il suo manto luminoso, che emanava tepore, li scaldava come una soffice coperta, poi li accompagnava alle loro case uno ad uno, aspettando occhietto dopo occhietto, che si addormentassero felici e in pace.

Passò cosi l’inverno, e all’arrivo della Santa Pasqua, in una delle casine disabitate hai confini del paese proprio di fianco a quella del vecchio saggio, come per magia  venne ad abitare una giovane Mamma, che aveva un bel bambino, non so spiegarvi se fosse una combinazione, o cos’altro fosse,  ma questo bambino assomigliava come una goccia d’acqua, al piccolo Gioacchino. E si chiamava proprio come lui.
E a tutti gli abitanti del paese quando lui passava per recarsi al mercato con la Mamma veniva la voglia di chiamarlo in casa per offrirgli la colazione.

Anche tu, quando non riesci a prendere sonno, oppure quando sei triste, o semplicemente perché ti va, chiama Gioacchino a voce alta, e lui correndo dal cielo al tuo cuscino, ti stringerà forte al suo petto di stella, e ti cullerà nel suo manto luminoso fino a farti cadere in un sonno profondo. Questa storia che volevo narrarvi è una storia a lieto fine. Ma alle volte non tutte finiscono così bene, e allora ricordate che ogni piccola stellina che vedete in cielo può essere un Gioacchino  la piccola stellina che scalda i cuori.



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