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martedì 24 settembre 2019

ANGELICA GHERARDO E BAU (Storia di un grande e impossibile amore)
Prefazione Questo racconto è frutto della mia fantasia, Riferimenti a persone o cose, sono in parte veri, in parte casuali. La mia speranza è che aiutino chi legge ha comprendere che grazie alla grande passione di una collezionista, si può creare un museo come pochi in Europa, e nello stesso tempo visitare uno dei più bei castelli del Varesotto, con una vista sul lago Maggiore impagabile. Buona lettura.
CAPITOLO PRIMO Quel mattino d'Ottobre mentre lo stalliere preparava il cavallo. La sua vista era rapita dalle nebbie che si alzavano dal lago coprendo con una coltre ovattata tutti i vigneti nella pianura sottostante. Il paese, dove era nato e cresciuto, sorge sulle prime morene delle Prealpi, lì dove termina la grande Pianura il territorio si fa collinare e, man mano salendo al di là del Verbano, contribuisce a formare Prealpi e Alpi. Il paese dove è ambientato il racconto, si trova nel Basso Verbano, sulla sponda sud-orientale, in particolare dove il Lago inizia a mutare la sua morfologia per sfociare qualche chilometro più a sud, nel fiume Azzurro, il Ticino.
Gherardo, di cui si scrive in questo racconto, ero una specie di amministratore: teneva i conti, curava i terreni, assumeva o se era il caso licenziava i contadini che lavoravano nei possedimenti. Gherardo grazie ad un vecchio zio prete era potuto entrare in Seminario per studiare, ma al diciottesimo anno di età, decise che la vita monastica non gli si addiceva così, sempre grazie allo zio prete, appena lasciato il convento entrò subito al servizio di quello che è tutt'ora il suo padrone. Quel mattino vedendo il manto bianco e la Rocca che con le alte cime al di là del Verbano si stagliavano imponenti all’orizzonte, contemplando estasiato scordò per qualche minuto quale era il compito affidatogli. Quando la cavalcatura fu pronta balzò in sella per portare a compimento l’incarico che gli era stato assegnato. Avrebbe dovuto consegnare gli inviti alle famiglie nobili del posto per il ricevimento che i signori avrebbero tenuto di lì a poco, come ogni anno prima di rientrare a Milano. Non erano molti i nobili della zona, ma avrebbe dovuto cavalcare fino al tardo pomeriggio, per ultima avrebbe lasciato la più nobile famiglia del posto, perché una volta consegnato l'invito, aveva intenzione di recarsi alla taverna situata poco sotto il grande castello sul versante nord, per riscaldarsi con un ricco tagliere di salumi, e un buon bicchiere di vino, meglio due. Gherardo ebbe in dono per i suoi servigi dalla famiglia per cui lavorava, una piccola casa colonica pochi chilometri fuori paese, con la promessa da parte sua che sarebbe sempre restato al loro servizio.
 SECONDO CAPITOLO Mentre pensava a tutto quello che lo aspettava senza rendersi conto, si era immerso nella fitta coltre di nebbia che avvolgeva vigneti, e campi di Granturco. Il sentiero lo conosceva come le sue tasche, così come lo conosceva bene il cavallo, perché più di una volta rincasando a notte fonda, si era addormentato sulla sua groppa, e lui con passo tranquillo lo portava sempre davanti alla porta delle stalle. Ad un tratto un pianto di bimba proveniente dal campo di granturco alla sua destra, distolse Gherardo dai suoi pensieri, smontò da cavallo avviandosi in direzione di quel pianto, arrivato dove secondo lui, proveniva il lamento, a terra null'altro che una bambola, ma di bambini non v'era traccia. Pensò che una bimba sentendolo arrivare fosse fuggita spaventata, lasciò la bambola a terra, voltandosi per tornare dove aveva lasciato il cavallo. Fatti pochi passi di nuovo quella vocina piagnucolante che diceva << Non vorrete lasciarmi qui sola con questa gelida nebbia?>> Si voltò di nuovo ma oltre la bambola nessun'altro c'era. A bassa voce ridacchiando bisbigliò << Vuoi vedere che la bambola parla?>> Non ebbe il tempo di terminare la frase quando vide qualcosa che gli fece accapponare la pelle. La bambola si alzò in piedi dicendo << Certo che ho parlato io, vedi qualcun'altro nei dintorni?>> Tra l'impaurito, e lo stupito Gherardo chiese << Ma tu chi sei? da dove vieni?>> La bambola ridendo per nulla impaurita rispose << E’ una lunga storia, devi sapere che ero un giocattolo di una bella e ricca bambina che viveva qui molti secoli fa, ma quando poi un giorno la piccola fu rapita da una banda di briganti, quei disgraziati avrebbero voluto chiedere un grosso riscatto, ma la bambina si ammalò gravemente, e di lì a pochi giorni morì. La piccola mi tenne tanto stretta a se, che quando esalò l'ultimo respiro, la sua anima si trasferì nel mio corpo di bambola, da allora io vago di casa in casa, fino al giorno che mi rivelo a una bambina, ma ogni volta la bambina presa dallo spavento mi butta via, e cosi riprendo la mia vita errante di bambola parlante>> Gherardo sempre più stupito rispose<> La bambola scosse le spalle e con un filo di voce quasi implorante disse << Non lasciarmi qui, portami con te, ti prego, non raccontare a nessuno che io parlo, perché io parlerò solo a te, per gli altri sarò solo una bambola di cartapesta>> Prese la sua sacca creò all'interno una specie di giaciglio, mise la bambola sdraiata e, sempre più incredulo, partì per terminare il compito a lui assegnato. Era tanta la curiosità per quello che gli stava accadendo, che dopo aver consegnato tutti gli inviti, fece subito ritorno a casa, scordando salumi, e vino. 
CAPITOLO TERZO Arrivato a casa che era sera inoltrata, per prima tolse la bambola dal sacco posandola su un morbido cuscino del letto. Sembrava dormisse serena, pensò fosse effetto della sua immaginazione. Ma lo eccitava quell'avventura, e ancora di più, che avrebbe dovuto custodire quel segreto tutto per se, altrimenti lo avrebbero considerato pazzo. Dopo essersi lavato con acqua gelata, convinto che alla fine si sarebbe svegliato, e che avevo solo sognato. Ma così non fu, rientrando in casa dalla fonte, tutto infreddolito e bagnato, una nuova sorpresa lo stava aspettando. Entrando in camera a dorso nudo senza far caso al letto, perché si stava asciugando il viso con una salvietta, a tastoni cercava una camicia nel comò, una voce alle sue spalle lo fece trasalire << E' questo il modo di presentarsi davanti a una dama?>> Quella voce non era quella della bambolina parlante, ma quella di una giovane donna, mise una camicia che per l'emozione infilò al contrario, rosso come un peperone si girò verso il centro della stanza, e per poco non svenne dall'emozione. Di fronte a lui, stesa sul letto non c'era più la bambola che poco prima avevo posato sul cuscino, ma una giovane bellissima, cosa strana indossava gli abiti della bambola, i il suo volto si accorse assomigliava proprio a quello della bambola. Con un sorriso rassicurante dopo averlo squadrato da capo a piedi disse. << Certo devo ammettere che vederti ora tutto cambia>> <> Chiese Gherardo incuriosito, avevo realizzato che la bambola si era trasformata per quale arcano sortilegio in una giovane bellissima donna, e questo a lui giovane di belle speranze non dispiaceva affatto. <> disse la donna <> <> chiese arrossendo. <> Esclamò la ragazza ridendo. Piano piano Gherardo si stava riprendendo da questa nuova sorpresa, facendosi coraggio chiese << Ora mi vuoi spiegare quest'altro sortilegio, perché io non ci capisco più nulla>> La ragazza senza mai scomporsi, e sempre con quel sorriso smagliante rispose << Tu pensi che dopo diversi secoli quella bambina non sia cresciuta? Sono entrata nel corpo della bambola non chiedermi come o perché, questo non lo so nemmeno io, ma qualcuno ha voluto così e io lentamente non con la velocità di voi comuni mortali, sono cresciuta, e ora sono una donna, ma solo davanti ai tuoi occhi, nessun'altro che te mi può vedere, perciò ricordati sempre chiunque entrerà in contatto con te, quando io sarò presente, non potrà vedermi>> <> Rispose Gherardo <> Poi facendosi coraggio aggiunse << Ma perché proprio io?>> <> Non poteva credere alle sue orecchie, era in presenza di un fantasma, o qualcosa di simile, che era apparso a lui, solo a lui. Non sapeva se esserne fiero, o se stava impazzendo. Cercò di convincersi che nulla gli sarebbe potuto accadere, fino a quando il fantasma fosse stato al suo fianco, la stessa cosa sarebbe potuta essere per lei, lui l’avrebbe difesa contro tutto e tutti. 
 CAPITOLO QUARTO Gherardo era così assorto da quel pensiero da non accorgersi che qualcuno bussava alla porta. Era la moglie del giardiniere che bussava, chiamando in maniera insistente. Al sentire quella voce la ragazza con un gesto della mano gli fece capire che doveva aprire, e così fece, se non altro per convincersi se ancora ce ne fosse stato bisogno che era tutto reale. La donna entrò tutta trafelata gridando << Fattore non avete sentito nulla questa mattina mentre vi recavate giù nella valle?>> Con fare stupito Gherardo rispose << Cosa avrei dovuto sentire secondo voi?>> <> Poi essendosi un poco calmata riprese << Si dice che da queste parti ogni anno in Autunno si senta il piangere il fantasma di una bambina morta molti anni fa>> Cercando lo sguardo della ragazza, lei allargando le braccia fece un cenno come dire. Ora capisci che è tutto vero. Nello stesso istante l’uomo si rese conto che era tutto vero, surreale ma vero, e che solo lui avrebbe potuto vivere questa avventura, in effetti la moglie del giardiniere stava a un palmo di naso dalla ragazza, ma né la vedeva ne percepiva la sua presenza nella stanza. Gherardo cercò di tranquillizzare la donna, guardando dove si trovava la ragazza disse << Non preoccupatevi Ambrogina, i fantasmi non esistono, ditelo anche al vostro marito, probabilmente avrete sentito il pianto di un bambino che veniva da una delle case del vicino paese>> Poi con fare serio di chi ha studiato aggiunse << Quando si alza la Bruma dal lago, si forma come una specie di cappa dove le voci rimangono intrappolate, viaggiando anche per decine di chilometri>> La donna essendo una povera contadina che sapeva a malapena scrivere il proprio nome, non poté fare altro che annuire, così non troppo convinta salutò dirigendosi verso la sua abitazione. Gherardo dal canto suo era più tranquillo perché nemmeno Ambrogina aveva notato la donna sul letto. Anche Bau il cane, girava per casa annusando ogni cosa, probabilmente percepiva una presenza ma non vedendo nessuno restava sul chi vive. Una sera al rientro la ragazza con il suo solito sorriso smagliante gli fece notare che non si eravamo mai presentati, ed era oramai passata una settimana dal loro incontro. Gherardo si face serio e impettito con un inchino e un baciamano disse <> Una volta si usava dire così. La ragazza rispose <> Pensò al nome più appropriato per la ragazza, e visto che era bellissima, in più era un fantasma, le propose di chiamarla Angelica. Al sentire questo nome la ragazza disse più volte a gran voce<< Angelica, Angelica, Angelica, sì! mi piace!>> Sentenziò. A sua volta Gherardo aggiunse << Da oggi Angelica sarai il mio angelo custode>> <> Rispose incuriosita. << Per iniziare>> Disse Gherardo <> << Questo è un compito che mi dovrebbe riuscire bene>> Rispose Angelica << Sai quanto mi potrò divertire, e magari far morire di paura qualcuno di quegli sbruffoni>> Risero tutti e due, anche Bau sembrava divertirsi con loro. Gherardo si accorse che quando Angelica parlava Bau voltava lo sguardo dalla sua parte, probabilmente ora la vedeva anche lui, i cani sono speciali a percepire strani fenomeni. Ma era felice che Bau non abbaiasse nei suoi confronti, era gelosissimo di chiunque gli si avvicinava, era la sua guardia del corpo più fidata, sorridendo pensò ora ne ho due, che strano trio. Angelica lo guardava in silenzio mentre era assorto nei suoi pensieri, poi ad un tratto disse << Certo che tu devi essere proprio fortunato, hai due amici uno a quattro zampe, e una invisibile>> Scoppiando in una sonora risata. CAPITOLO QUINTO I giorni passavano nella più assoluta tranquillità, non poteva essere che così, i moti rivoluzionari si erano spenti, le genti del posto erano tornate alle loro attività, Gherardo, Angelica e Bau giravano a cavallo da un terreno all'altro per controllare che i lavori, Gherardo doveva fare attenzione che Bau fosse sempre nelle vicinanze, perché Angelica cavalcava con lui, e chi li notava parlare non vedendola, doveva immaginare che parlasse con Bau. Sarebbe apparso un poco strano per alcuni, ma non avevano altra soluzione. Era troppo bello cavalcare con lei che gli raccontava molti secoli di vita. Imparava ogni giorno cose che in Seminario mai gli avrebbero potuto spiegare, qualche secolo prima nel medio evo, chi prevedeva il futuro o usava arti magiche, era mal visto perché andava contro la chiesa, o la medicina, così veniva considerato mago o strega, e dopo un processo sommario veniva arso vivo, per espiare il peccato. Nella metà del milleottocento molta gente ancora non vedeva di buon occhio chi praticava queste arti sconosciute, non veniva più messo al rogo, ma di sicuro considerato pazzo. Gherardo si sentiva sempre più attratto da Angelica, ma non solo per le sue conoscenze. Si stava forse innamorando di lei? Anche Ambrogina un giorno gli chiese cosa stesse capitando, perché lo vedeva secondo lei con la testa tra le nuvole. Tanto che una sera mentre rientravano da una giornata nei campi gli disse << Perdonate il mio ardire don Gherardo, ma siete innamorato? >> L’uomo non rispose né si ne no, e allontanandosi le chiese se non avesse avuto altro a cui pensare. Entrati in casa Angelica gli si avvicinò, con dolcezza lo abbracciò dicendo << Giusta domanda ti ha fatto Ambrogina, a me lo puoi dire però>> << Ebbene sì >> rispose. Poi tirando un lungo respiro disse << scommetto che ora vorrai sapere anche di chi>> La ragazza stringendosi ancora di più a lui disse << E' più di due mesi che viviamo sotto lo stesso tetto, altre presenze femminili vicino a te oltre l'Ambrogina non ne ho notate, sarà forse lei?>> e scoppiò in una sonora risata. Mentre rideva Angelica avvicinò le sue labbra a quelle di Gherardo, donandogli un bacio che per lui fu come volare tra le nuvole. Era stordito, le parole non gli uscivano di bocca, Angelica vedendolo turbato chiese <> Gherardo scrollò la testa, prima per dire sì, poi per dire no, poi riprendendosi un poco balbettando disse << Sono stato innamorato, ragazze ne ho baciate, ma il tuo bacio mi ha portato in paradiso, io ti amo Angelica >> Lei con un sorriso ancora più dolce rispose << Anch'io >> 
CAPITOLO SESTO Quella notte a nessuno dei due riuscì di prendere sonno, Gherardo nel suo letto, Angelica sul divano in cucina per ingannare il tempo si trasformava da bambola a principessa, mentre Bau incuriosito la guardava cambiare aspetto anche lui insonne. A mezzanotte da fuori le mura, delle risate fanno sobbalzare Gherardo dal letto, erano dei perdigiorno che si divertivano a spaventare la gente fingendosi fantasmi, purtroppo queste persone non avevano tenuto conto che in casa oltre a Bau, c'era anche Angelica che era un vero fantasma, Gherardo e la ragazza per nulla intimoriti dal baccano, anzi erano ansiosi di uscire per vedere di cosa si trattasse. Gherardo molto innervosito prese il suo *Flobert avviandosi verso la porta, ma Angelica accarezzando il suo volto, gli fece segno di stare calmo << Amor mio stai tranquillo ci pensiamo io e Bau. Fuori sul sentiero che dalla casa di Gherardo porta in paese alcuni ubriachi schiamazzavano gridando << E' la notte dei fantasmi state chiusi in casa altrimenti se uscite per voi sono guai>> così gridando agitavano delle grosse catene che con il loro scricchiolio avrebbero messo paura a chiunque, ma non di certo a Angelica e Bau. Una volta usciti sulla strada, Angelica si avvicina all'orecchio di Bau e con le mani gli indicò di andare a posizionarsi qualche decina di metri a monte per chiudere la strada al gruppo di ubriaconi, mentre lei palesandosi con un lenzuolo bianco che la ricopriva da testa a piedi iniziava ad inveire contro il gruppo << Brutti ubriaconi andate via, io sono un vero fantasma>> Ma questi invece che fuggire sentendo la voce di una donna si fecero ancora più intraprendenti, quello che sembrava il più spavaldo, si buttò contro Angelica cercando di abbracciarla, con il risultato di ritrovarsi con un lenzuolo vuoto tra le braccia e terminare il volo sbattendo la testa contro il tronco di un grosso Gelso al limite del sentiero. Gli altri vedendo la scena dopo il primo attimo di smarrimento convinti di avere visto veramente un fantasma, impauriti raccolsero il loro compagno ancora tramortito a terra, dandosela a gambe. Solo uno di questi non aveva assistito alla scena, perché voleva nel trambusto infilarsi in casa per cercare rubare quanto più riusciva. Anche per lui l'accoglienza non fu delle più gradite, aperta la porta e infilata la testa si ritrovò la canna di un *Flobert, puntata proprio sulla punta del naso. Spaventato e sorpreso girò i tacchi fuggendo giù per la via, con Bau che lo accompagnava appeso al suo fondo schiena. Rientrato tutto quel baccano, tranquillizzati Ambrogina e il marito che nel frattempo erano usciti armati di forconi in suo soccorso, tornarono tutti in casa ridendo come matti per la sorpresa che avevamo fatto a quei quattro cialtroni. Gherardo abbracciò Angelica che rispose al suo abbraccio con un bacio, dicendo << Vedi che il tuo angelo custode serve a qualcosa>> Lui la sollevò tra le braccia, portandola con se nel letto, e si addormentarono abbracciati. Quell'inverno passò come le stagioni a seguire, Gherardo e Angelica proseguivano la loro storia d'amore, platonica ma nello stesso tempo intensa, come una coppia normale. Gherardo con l'aiuto di Angelica era diventato molto famoso tra i signori della zona, tanto che grazie ai buoni auspici del suo padrone, e alla fama di uomo d'onore, veniva sempre più spesso chiamato per consegnare valori o documenti importati. Era famoso per essere passato più volte indenne nella brughiera che collegava in basso Verbano con le grandi città, ma nessuno poteva immaginare il suo segreto. Come quel giorno che venne incaricato di scortare il notaio di un’importate famiglia fino in quel di *Casorate per redigere dei documenti importanti. Avevano da poco oltrepassato il paese di Vergiate, che Angelica sempre con la sua dolcezza posando una mano sulla spalla del suo amato disse<< Amor mio, rallenta il passo oltre quelle Querce c'è gente poco raccomandabile in agguato >> Gherardo con calma disse al notaio che era meglio far riposare i cavalli perché altrimenti sarebbero arrivati troppo presto all'appuntamento. Il notaio scese dalla carrozza andando a sedere su di un grosso masso che indicava quanti chilometri distava la città di Gallarate. Gherardo fingendo di giocare con Bau scaglio un pezzo di legno verso la direzione indicatagli da Angelica, dove si nascondevano i briganti che li volevano derubare. Bau non tardò molto ad accorgersi della loro presenza, così iniziò a ringhiare, mentre Angelica con uno dei suoi artifizi, vorticando il suo mantello creò una specie di piccola tromba d'aria. I cinque manigoldi, tanti erano, con un grosso cane ringhioso apparso dal nulla all'improvviso, e quello strano vento che sembrava sollevarli per aria da lì a poco, non trovarono di meglio che darsela a gambe, inciampando qua e là, nei rami che maliziosamente Angelica infilavo loro tra le gambe. Arrivati a debita distanza tutti trafelati si fermarono, quello che sembrava il capo rivolgendosi ai compagni disse << Abbiamo voluto dimostrare alle bande di questi paesi che noi briganti cittadini siamo più forti e intelligenti di loro, ma questo Gherardo è un osso veramente duro, probabilmente quello che si dice di lui, sul fatto che è protetto da qualche angelo o demone è vero. 
 CAPITOLO SETTIMO Angelica con il passare del tempo si faceva sempre più bella, mentre Gherardo aveva messo qualche capello bianco, non usava più il cavallo per traferirsi anche solo nei paesi vicini, diceva che gli anni si facevano sentire. Anche Bau raggiunta la veneranda età di quindici anni una mattina di primavera li lasciò per volare nel paradiso dei cani, per Gherardo fu un grande dolore, Angelica cercava di consolarlo dicendo che forse un domani visto l'amore che Bau aveva per lui, si sarebbe presentato sotto forma di fantasma. Ma non passò molto tempo che. Una mattina Angelica gridando all'impazzata il nome del suo amato<< Gherardo amore corri fai presto>> Gherardo preoccupato che fosse accaduto qualche cosa di grave, corse a perdifiato su per la vigna, arrivando in casa con il cuore che gli scoppiava in petto. Tutto trafelato chiese ad Angelica << Vita mia cosa succede tutto mi sembra tranquillo, la casa è a posto>> Angelica guardando il letto cercò di calmarlo dicendo << Amore non noti nulla di strano? possibile che tu non vedi o senti nulla?>> Gherardo che nel frattempo si era calmato, guardava il letto ma tranne una leggera corrente d'aria che muoveva il lenzuolo del quale un lembo penzolava fino a terra, non notava nulla di anormale. Guarda bene insistette Angelica. Gherardo guardando meglio. Nel silenzio non solo vedeva il movimento del lenzuolo, ma ora sentiva l'ansimare di qualcuno, sembrava il respiro di un cagnolino con la lingua a penzoloni. Si avvicinò spostando dolcemente il lenzuolo, sotto al letto dentro una cesta un cucciolo di cane, con un grande fiocco rosa, che vedendo l'uomo scattò fuori dalla cesta volandogli tra le braccia. << Questa è Lola >> disse la donna, << è un regalo che ti fanno Ambrogina e la sua famiglia, così almeno avrai ancora qualcuno con cui parlare, visto quanto parlavate tu è Bau, mi ha detto ridendo Ambrogina >> Gherardo accarezzando la cagnolina, disse << Giusto una femmina ci voleva, cosi se mi scappa qualche frase al femminile penseranno stia parlando con Lola>> Lasciò Lola a terra, la cagnolina corse subito sul divano adagiandosi in grembo ad Angelica. Gherardo stupefatto guardando la scena << Ma ti vede? Come risposta Angelica << Sensibilità femminile >> << Non me la raccontate giusta voi due >> così dicendo si butto sul divano abbracciando Angelica e la piccola Lola felice come un bambino. 
CAPITOLO OTTAVO Purtroppo anche se felici e spensierati gli anni per Gherardo passavano inesorabili, un mattino ai primi del millenovecento, oramai ottantenne, Gherardo lasciò il suo amore. Angelica era disperata aveva trovato l'amore della sua vita, la scomparsa di Gherardo gli aveva tolto ogni voglia di vivere. Restava in quella casa abbandonata dove dopo la scomparsa del suo amato, era rimasta sola, unico amico il fantasma di Bau, che dopo molti anni dalla sua morte era comparso a Gherardo e Angelica, tanto era l'amore che il cane aveva avuto in vita per loro, che qualcuno lassù aveva deciso che anche se invisibile al mondo il suo posto era accanto a chi lo aveva amato quando era in vita. Faceva loro compagnia un vecchio ronzino che veniva accudito dai nipoti di Ambrogina che avevano ritirato la casa, ma non l'abitavano, preferivano vivere nella casa dei nonni. Perché con le voci che erano girate nei dintorni negli anni passati avevano un certo timore che fosse abitata veramente dai fantasmi. Con loro ma anche se quasi centenaria, una cornacchia molto vecchia che aveva nidificato sul grosso gelso fino dai tempi che Gherardo e Angelica si erano conosciuti. Mentre stava per uscire di casa Angelica disse qualcosa a Bau, che alzando gli occhi verso di lei rispose <> e se ne andò. La donna non capì il senso di quella risposta. Bau con in muso spostò lentamente la tenda gialla che copriva la porta e guardò se si vedevano nella strada ragazzi o altre persone che dovevano recarsi verso il paese. Per un attimo rimase nascosto dietro ad essa, poi, visto che non appariva nessuno all’orizzonte, si diresse di corsa verso la stalla, mantenendo comunque la massima attenzione durante il tragitto di ritorno, non si era ancora abituato alla vita da fantasma. Arrivò ansimante all’ingresso della stalla e vi entrò precipitosamente. Il cavallo era sempre lì, che girava in cerchio nel piccolo recinto, anche Cra era rimasto appollaiato sul cappello di Angelica, in attesa di chi non era dato sapere. Alla vista di Bau, Cra volò sopra ad un palo di legno ed il cavallo nitri per la contentezza. Bau si sdraiò sulla paglia da dove estrasse con foga, un pezzo di pane. Gli diede un morso ma il pezzo di pane rimase lì sempre uguale. Diede qualche briciola di pane anche a Cra che però lo rifiutò non avendo voglia di mangiare, poi esclamò <> La giornata era iniziata nel migliore dei modi, il sole cominciava a salire alto nel cielo il caldo afoso, rendeva l’aria irrespirabile. Ora si iniziava a vedere distintamente l’interno della stalla, ed era ben visibile e chiaro di come tutto il suo contenuto fosse lasciato a sé. Era tutto sottosopra la sporcizia ed il disordine regnavano in quell’ambiente. Il tetto aveva dei buchi enormi che avrebbero permesso all’acqua, se avesse piovuto, di entrare e bagnare tutto ciò che stava sul pavimento, le finestre erano rotte e non vi erano persiane che le potessero proteggere, gran parte della paglia che stava sul pavimento era marcita mentre altra si era seccata formando dei grumi puzzolenti, i ragni correvano liberi sulle pareti impolverate e piene di ragnatele, l’odore che si avvertiva, lì dentro, non era proprio il massimo della pulizia. Angelica vedendo tutto quel disordine prese in accordo con Bau la grave decisione di tornare bambola, Bau convenne che fosse la miglior cosa da fare. Nell'angolo più riparato della casa c'era una vecchia cassapanca, Angelica e Bau decisero di entrare lì dentro e attendere che forse in futuro Gherardo potesse raggiungerli per vivere in eterno il loro amore come fantasmi. 
CAPITOLO NONO Altri ottant'anni passarono, nel mille novecento ottantotto una delle discendenti di un grande Casato del Verbano, appassionata collezionista, girando nei vecchi poderi alle ricerca di qualche bel pezzo di antiquariato, notò la cassapanca, ma venne attratta non tanto dal pezzo antico, il suo sesto senso diceva che dentro avrebbe potuto trovare qualcosa di molto prezioso. La donna voleva creare nel suo castello una collezione di giocattoli antichi, in particolare bambole. Fu per lei grande la sorpresa quando aprendo la cassa vide sdraiati sul fondo della cassapanca una bella bambola, con lei sdraiato al fianco un grosso cane di stoffa. Chiamò i proprietari chiese loro di acquistare quella cassa e il suo contenuto, I pronipoti di Ambrogina furono ben felici di liberarsene. Fu così che Angelica dopo una bella ripulita finì in una bella vetrina con altre amiche, anche per Bau una vetrina con altri animali. Oggi sono ancora lì. Di Gherardo non è dato sapere, forse è un bambolotto ben vestito tra tutti quelli che si possono ammirare nel museo, non è dato nemmeno sapere se di notte i tre scorrazzano per le sale della grande Rocca, rivivendo il loro amore. •

*Flobert , fucile Belga di piccolo calibro. Cal 6, o Cal 9. Molto ricercato dai signori dell’epoca e anche dai collezionisti dei nostri giorni. •
* Casorate • Ora Casorate Sempione.

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