Fino a quando noi umani non inizieremo a considerarci,
tutti fratelli, una sola razza anche se con colori e religioni diverse, potrà
succedere anche quello che vi racconto in questo mio romanzo ambientato nel
2999.
2999 Odissea degli umani
Ci fermammo nei pressi di un autosilo lasciando il mezzo
che ci scortava, al tipo metallico che fungeva da parcheggiatore.
Con passo deciso, io e il mio socio ci dirigemmo verso il
grande edificio dall’altro lato della via, un edificio altissimo, e tutto
trasparente.
Una volta riconosciuti dal marchingegno che rilevava le
scariche elettriche del nostro corpo, entrammo all’interno accomodandoci in una
comoda sala d’aspetto. Una macchina a metà tra umano e robot, ci portò due
coppe di prosecco, e dei panini ripieni di una poltiglia verdastra che faceva
ribrezzo al solo vederla, mentre ci serviva con voce metallica disse: Do-ve-te,
as-pet-tare- qu-an-do, si li-be-ra, un a-gen-te.
Una volta prese le coppe di vino offerte da quel
servitore artificiale, che ci incuteva un misto di timorosa ilarità.
I incrociando i nostri sguardi, mentre sorseggiavamo quel
vino, che nonostante fossimo nell’anno 2999 era ottimo. ( dal 2500 si era
smesso di produrre alimenti naturali per passare agli alimenti chimicamente
riprodotti, questo fu fatto per combattere la contraffazione di cibi e prodotti
made in Italy) .
La cosa, per noi che provenivamo dall’anno 2013, non è
che ci facesse piacere, ma se non altro dovemmo ammettere che questi alimenti
sintetici anche se non belli da vedere erano gustosi quasi come gli originali.
Mentre gustavamo il nostro aperitivo fummo distratti dal
passaggio di un’auto carro della polizia, che a sirene spiegate attraversava la
città, in direzione del mare.
Era carico di uomini che provenivano dal passato, rifiuti
umani erano per quelle macchie dalla forma umana, erano una dozzina di uomini
di colore, alcuni portavano al braccio uno staccio con la scritta Juden,
relitti umani destinati alle miniere di silicio, e alle fabbriche di cibo
sintetico, o peggio ancora alla distruzzione.
Queste persone senza più alcun punto diritto, venivano
tenute in vita solo perche in grado di fare funzionare i macchinari, che queste
macchine dalla forma umana non sapevano far funzionare.
Metà di loro erano giovani Africani, orfani o abbandonati
alle porte dell’atmosfera, da un mondo che era diventato sempre più
egoista e intollerante, reietti imbarcati
su vetuste astronavi, destinati a scomparire nello spazio, vittime innocenti
stupide politiche economico - razziali.
Osservammo passare quel mezzo, senza che nessuno di noi
due provò per un solo istante un sentimento di profondo dolore per quella
gente, ma nello stesso tempo non provammo nemmeno il dubbio sul perche noi due
arrivati su una carretta dello spazio come loro avessimo avuto un trattamento
così diverso .
Tornammo a sorseggiare il prosecco e parlarono del più e
del meno, sentimmo vicino a noi una coppia di robot parlare dell’acquisto di un
nuovo umano addomesticato, e della possibilità di prenotare un viaggio spaziale
su Venere .
Un’inserviente umana ben vestita ma con la morte negli
occhi, si avvicinò a noi dicendo: “ signori, “Se volete seguirmi: l’agente SS
44 è disponibile a ricevervi”.
Ci alzammo seguendo la donna che a capo chino procedeva
verso gli ascensori posizionati sull’altra parete di quell’asettica sala d’aspetto.
L’arredamento dell’edificio era semplice ed essenziale:
non vi erano quadri alle pareti ma solo delle luminose barre colorate percorse
da impulsi elettrici.
Salimmo in ascensore fino al quarantesimo piano. Rimanendo
in silenzio per tutto il tragitto fino all’ufficio dell’agente SS44. Una volta
entrati, l’inserviente umana ci annunciò ed uscì dalla stanza mentre noi provvedevamo
a fornire la nostra tessera di via all’agente.
L’agente SS 44 era un uomo robot, biondo alto dagli occhi
chiari.
Controllò le nostre credenziali restituendoci la tessera
soddisfatto. “Perfetto: tutto in regola. Accomodatevi pure disse.” Mentre ci accomodavano
sulle bianche poltroncine messe a disposizione, l’agente provvide a recuperare
il files relativi all’ordine. Con un ologramma venne creata un’immagine
tridimensionale del prodotto che una coppia di robot aveva prenotato qualche
giorno prima. Poi dopo aver effettuato
una videochiamata con gli acquirenti disse loro“Ecco, questo è il prodotto che
ci avete commissionato: come potete osservare rispondono alle vostre esigenze e
non presentano difetti.
Tutte le caratteristiche sono in linea con quanto da
voi selezionato dal nostro catalogo.
Se volete controllare?” Un nuovo ologramma si materializzò
davanti a noi: in esso la nostra descrizione dlle nostre caratteristiche come prodotto che a minuti quella coppia di robot acquistato. “ Sì, fu la risposta dall’altro
capo dell’ologramma, sembra tutto a posto…altezza, colore dei capelli, colore
degli occhi….si, proprio come avevamo scelto noi. Perfetto!” L’agente sorrise
soddisfatto: “Lo so! Ho provveduto io stesso ad assemblarne il codice genetico
secondo quanto da voi specificato…”
La donna robot continuava ad osservare estasiata l’ologramma
dei figli che di lì a poco avrebbero formalmente avuto: “E per quanto riguarda
la loro intelligenza?” “Abbiamo provveduto a selezionare due umani di tutto
rispetto, un fisico, e un matematico.
Proprio come da voi precisato, il prodotto avrà un
quoziente intellettivo molto elevato.” “Perfetto!” replicò la donna robot.
Rimanemmo per un istante in silenzio mentre l’ologramma
dei futuri genitori continuava a muoversi dinnanzi ai nostri occhi.
“Bene, se non avete ulteriori dubbi in merito, proporrei
di fissare una data per la consegna, e poi passerei a firmare il contratto e le
condizioni di garanzia.” “Siamo d’accordo”. Fissarono la data di consegna di lì
a una settimana e scorsero brevemente il contratto, rigorosamente in formato
elettronico, prima di dare la loro definitiva approvazione. Tutto appariva in
regola: le informazioni sul prodotto acquistato, le sue caratteristiche, le
condizioni di garanzia nel caso il prodotto avesse manifestato difetti (anche
se le occorrenze di difetti genetici sono davvero minime, aveva assicurato loro
l’agente), le condizioni di pagamento … sì, tutto era perfetto. Firmarono il
contratto digitalmente e i due robot scomparvero
dall’ologramma.
Sarebbero tornati la settimana seguente e finalmente
avrebbero coronato il sogno di avere un figlio umano. Un figlio geneticamente
perfetto. Erano soddisfatti: la “Uman Life” avrebbe garantito loro il prodotto
che volevano, un essere attentamente selezionato per rispondere alle loro esigenze.
Non si sarebbe ripetuto l’errore commesso dagli umani di
razza bianca che dando ospitalità a tutti avevano contaminato i loro geni con
altri umani di diverso colore e religione.
Lasciando il palazzo guardandoci stupefatti, ci rendemmo
conto che i robot altro non potevano avere che il nostro modo di vivere e
pensare, perciò, con nostro immenso dispiacere capimmo che da li a poco anche
in quel mondo lontano fatto da macchine con le sembianze umane, create da noi
umani, si sarebbe arrivati ad un nuovo scontro razziale, tra robot di diverso
colore, questo fino alla distruzione anche di quel mondo.
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