Mi piace scrivere tutto quello che mi passa per la testa, non posso definirmi un poeta, amo definirmi uno scrittore naif, ma sarete voi a giudicare ciò che scrivo. Mi farai felice se commenterai le poesie che più ti colpiscono,ogni commento è ben accetto. Fotografie sono in parte mie, e in parte sono tratte dal web, in caso i legittimi proprietari non volessero vederle pubblicate nel mio blog, saranno rimosse immediatamente.
sabato 11 novembre 2017
IL FIUME OLONA E IL PRAA MAR.
Questa è la storia del fiume Olona e dei suoi abitanti, Bea la Trota iridea, e Dario la trota Fario. Altri partecipanti al racconto sono: Adone lo Scazzone, Leda la Lampreda, Ludmilla l’Anguilla, Ottone il Vairone, Mifune il Gambero di fiume. Mi raccontava mia mamma Carlotta che quando lei era giovane, negli anni precedenti la prima guerra mondiale,nel fiume Olona vivevano molte specie di pesci, tra queste anche i protagonisti di questa storia che si svolge nel tratto di fiume che va dal ponte in ferro della vecchia ferrovia Valmorea sotto l'abitato del paese di Malnate, zona Folla, alla confluenza tra il fiume Lanza che scende dalla Valmorea, e il fiume Olona che ha le sue sorgenti nella frazione Rasa sopra la città di Varese. In questo tratto che porta fino al ponte di Vedano O., il fiume era il parco divertimenti dei ragazzi che abitavano la piccola frazione di Gurone. Il fiume Olona dal ponte delle FNM, ( punt de fer) fino ai mulini di Gurone era composto dal corso naturale, e da una roggia molinara. Il fiume costeggiava la valle sul versante che guarda verso ovest dove si trova la città di Varese, e il paese di Bizzozzero, oggi diventato parte della città. La roggia molinara, si trovava sul lato di levante proprio sotto il paese di Gurone. La valle tra i due corsi d’acqua non era molto grande ma bastava ai contadini dei due paesi per il foraggio degli animali, e le colture di granturco, dove noi bambini del paese quando accompagnavamo i genitori al lavoro nei campi potevamo divertirci giocando sulle rive del fiume, che come ci raccontavano i nostri genitori, nei primi anni del 1900, era limpido e pieno di piccoli, e grandi pesci.
Mia Madre un giorno mi raccontò la storia di Bea la trota iridea e di Dario la trota Fario. Era la storia di un amore impossibile, che creava grande stupore tra gli altri abitanti del fiume.
Voi vi chiederete perchè gli altri pesci erano stupiti di questo amore. Il loro era un rapporto d'amore impossibile perchè tra le due trote non sarebbe mai potuto esserci una unione con dei figli. Infatti Bea veniva da un paese lontano, Nord America, ed era stata portata nel nostro paese da ricchi signori che viaggiando per il mondo portavano tante specie di animali togliendole dal loro ambiente naturale per rinchiuderle in gabbie, acquari, o laghetti nelle loro sfarzose abitazioni. Ma una volta finita la curiosità per il nuovo, decidevano di disfarsene, liberandoli in posti che non erano come la loro casa, il nord America e Canada, le nostre acque sono diverse come caratteristiche da quelle nord Americane. E anche se i due pesci appartenevano alla stessa specie, Dario non avrebbe mai potuto fecondare le uova della sua amata. Le uova di Bea potevano essere fecondate solo da altri maschi purchè appartenenti alla sua specie, ma il loro amore era tanto forte fino al punto che, se un altro abitante del fiume si fosse avvicinato a Bea, Dario lo avrebbe attaccato e messo in fuga fino a farlo saltare fuori dall'acqua, per il dolore dei suoi morsi. Un bel mattino di primavera Bea si accorse che Dario non stava bene, e come lui anche altri abitanti del fiume, giravano come ubriachi andando a sbattere contro ogni roccia o radice sommersa. Anche Bea non stava meglio degli altri, ma visto che grazie alla sua provenienza era di costituzione molto robusta, riusciva a sopportare meglio i vari cambiamenti delle acque del fiume. Cosi allora Bea pensò bene di portare Dario in un piccolo ruscello che faceva da affluente al fiume. Trasportato il suo amato al sicuro, e dopo aver fatto una buona bevuta di acqua pulita e ben ossigenata, tornò nel fiume per avvisare più pesci possibile del pericolo incombente.
Così facendo dopo molti viaggi avanti e indietro, riuscì a salvare più pesci e gamberi possibile.
L'acqua dell'Olona che fino a quel giorno era sempre stata pura e cristallina, cominciò a cambiare continuamente colore, e ad emanare un forte odore, come fosse stata avvelenata. E lo era, purtroppo, perchè tutte le fabbriche che si erano insediate sulle sue rive scaricavano i loro veleni, senza preoccuparsi minimamente degli abitanti del fiume. Concerie di pelli scaricavano coloranti tossici e tannini, le cartiere fibre di legno; il tutto si univa agli scarichi fognari dei paesi che a causa della migrazione si espandevano sempre più.
Bea e Dario una volta ripresi da quello shock non si persero d'animo e dopo aver radunato più amici possibile in quel ruscello e in altri che dai pendii della valle finivano nel fiume, si organizzarono per creare una comunità la quale doveva, a causa delle ristrettezze, avere delle regole.
Così un giorno tutti i rappresentanti delle varie specie ittiche si riunirono. Alla riunione erano presenti: per gli Scazzoni, Adone, per i Vaironi, Ottone, Leda la Lampreda che con Ludmilla l’Anguilla rappresentavano i serpentiformi. In un angolino gli ultimi due rappresentanti delle Sanguinerole, piccoli pesciolini talmente delicati da essere considerati come un termometro dell’inquinamento del fiume, dimostrato dal fatto che pochi di loro erano scampati alla strage del progresso industriale. Praticamente in quattro e quattro’otto quel piccolo ruscello diventò una piccola Arca di Noè formata da pochi esemplari di pesci dell’ormai morto fiume Olona. Nei primi mesi vi fu una convivenza felice, ma a causa delle ristrettezze, ogni specie poteva essere possibile preda dell’altra. All’apice di questa catena si trovavano Bea e Dario, che nel frattempo si erano trovati un compagno. La mancanza di cibo, però, diede inizio alle prime liti, e chi rischiava di farne le spese erano, come sempre i più piccoli, come le Sanguinerole, che praticamente erano cibo potenziale per tutti. Serviva trovare una soluzione urgente, perchè se avessero iniziato a mangiarsi l’un l’altro, alla fine l’ultimo sarebbe morto di fame. Fu allora che si fece avanti Mifune, il Gambero di fiume, che in fatto di intraprendenza non era secondo a nessuno, dicendo che per il vivere comune e la salvaguardia delle varie specie, da quel giorno in avanti, fino a quando il fiume non fosse tornato come prima, avrebbero dato la caccia solo agli insetti che cadevano in acqua, e chi avesse trasgredito a quell’ordine, sarebbe stato ricacciato nel fiume avvelenato. Bea e Dario avrebbero garantito l’ordine e la pace nel ruscello. La cosa, anche se all’inizio non sembrava logica ai più litigiosi, prese piede così bene che, la notizia portata da Salvatore il Merlo pescatore, si propagò negli altri ruscelli diventando legge.
Così passarono gli anni senza che nessuno si impegnasse per ridurre l’inquinamento del fiume, anzi più passava il tempo e più il fiume era inquinato, tanto da meritarsi la fama di essere il fiume più inquinato d’Italia e noi ragazzi degli anni sessanta, non potevamo farci il bagno, come lo avevano fatto i nostri padri e i nostri nonni. Ma mentre i nostri amici nel ruscello, che si chiamava Prato Amaro, (prà màr, in dialetto) crescevano e si moltiplicavano e facevano attenzione solo ai pericoli che provenivano al di fuori dell’elemento liquido, si erano creati dei nemici. Questi erano: Nerino, l’Airone Cenerino, Beatrice la natrice dal collare, ( serpe d’acqua), ed il variopinto Martino detto Pescatore. Ma non avendo loro altri posti dove cacciare, infatti le loro prede si trovavano solo nei ruscelli della valle, il tutto, fortunatamente, durò poco e, vista la pochezza di prede, si spostarono sul lago di Varese e nei laghi vicini. Per noi ragazzi era uno spettacolo durante l’estate quando il fiume andava in secca, riuscivamo a fare il bagno nelle pozze che si formavano con l’acqua dei ruscelli, e ancora lo fu di più quando ci accorgemmo che quelle pozze erano piene di pesciolini che, come tutti i piccoli, uscivano dal ruscello per curiosare il mondo attorno a loro. Noi giovani allora, come tutti, non pensavamo ai pericoli che correvamo nel caso fosse venuta una piena improvvisa, o se ci procuravamo una ferita le conseguenze che avremmo potuto avere stando a contatto con quei fanghi avvelenati. Questo per molti anni fu il segreto di noi ragazzi che nei boschi e in quei prati, passavamo le vacanze scolastiche e ogni momento libero, e lo fu anche negli anni a venire, perchè le uniche persone a conoscenza del nostro segreto erano le Mamme che andando al lavatoio, dove l'acqua fuoriuscendo creava un ruscello, scorgevano dei pesciolini. Questi, talmente abituati alla nostra presenza, non fuggivano e noi eravamo tranquilli anche perchè le nostre Mamme non usavano i detersivi di oggi ma il vecchio sapone di Marsiglia, biodegradabile, che non procurava danno ai nostri piccoli amici. Immaginate che certe volte potevamo vedere quelli che si potevano considerare i pronipoti di Dario la trota Fario che, in lunghezza, superavano la larghezza del ruscello. Così arriviamo alla fine del mille novecento, Nella valle Olona c'è la crisi industriale, chiudono concerie e cartiere, la gente deve trovare altri lavori, ma come è risaputo noi Italiani sappiamo sempre cavarcela in ogni situazione. Mancando la fonte primaria dell’inquinamento il fiume pian piano inizia a ripulirsi. Ma sarebbe stato molto meglio che il lavoro non fosse mancato, e le grandi fabbriche ora chiuse si fossero dotate di depuratori, senza arrivare alla morte del fiume per un periodo di circa cinquant’anni.
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